Celibe e nubile: come non confondersi

Tutti voi avete sicuramente una carta d’identità (almeno credo). All’interno, oltre a foto e generalità (nome, cognome, data di nascita e luogo di residenza), viene anche indicata la voce “Stato civile” dell’interessato o interessata. Cosa va scritto all’interno? Se il cittadino o la cittadina è coniugato / coniugata, celibe / nubile, divorziato / divorziata, vedovo / vedova. In pratica, è la condizione personale pubblicamente accettata e dichiarata di fronte alla collettività e ufficialmente riconosciuta e registrata dall’Amministrazione dello Stato.

Fatta questa doverosa premessa, andiamo all’argomento principale di questo articolo: l’utilizzo corretto delle parole “celibe” e “nubile”. “Perché?” vi starete chiedendo.  Semplice: ci sono ancora persone che tendono ad utilizzare erroneamente questi due termini.

Significato di “celibe” e “nubile”

Come sempre, vediamo cosa dice il vocabolario in merito a queste due parole:

  • Cèlibe. Aggettivo e sostantivo maschile (dal lat. caelebs –lĭbis). – Chi non ha preso moglie, non ammogliato: essere, mantenersi celibe; un vecchio celibe.
  • Aggettivo (dal lat. nubĭlis «in età) da marito», derivato di nubĕre «maritarsi»). – Di donna, che non s’è sposata (è il corrispondente di celibe, riferito all’uomo): essere, restare nubile; ha due figlie nubili. Per estensione, stato nubile, lo stato civile di donna non sposata, che è in età da marito.

Come avete visto, è chiaro che celibe=uomo e nubile=donna. Eppure, con mia grande sorpresa, noto che qualcuno, sia nello scritto che nel parlato, continua a confondersi. Non chiedetemi il motivo perché lo ignoro, ma provate a farvi un giro nel Web o sui social e constaterete anche voi tale uso improprio.

Uno sguardo altrove

Restando nell’ambito della nostra lingua, il binomio celibe / nubile è alla stregua di padre / madre, marito / moglie, fratello / sorella, genero / nuora. Con tutta probabilità, prima di arrivare alla forma astratta dell’opposizione grammaticale maschile / femminile, tali parole cercano di distinguere il sesso delle persone interessate, ma anche alla cultura del gruppo sociale e alla tradizione linguistica. Se volgiamo lo sguardo in contesti linguistici stranieri, vediamo come, seppur con la medesima caratterizzazione e uguali parole, ne viene alla fine utilizzata una sola sia per l’uomo che per la donna.

Ad esempio, nella lingua francese la parola “marié”, che significato sposato, viene adattata sia al maschile che al femminile per indicare la persona sposata; nella nostra lingua, invece, vige ancora la distinzione tra ammogliato e maritata.

Eppure, nonostante la distinzione sia chiara, c’è chi ancora continua a definire celibe una donna single e nubile un maschio single. Naturalmente, l’assegnazione impropria verrà subito corretta da chi, in quel momento, è coinvolto nella conversazione con questi soggetti. E se anche lui o lei sono convinti della stessa cosa? Bontà loro, che vi devo dire! Prima o poi qualcun altro li correggerà. L’importante è che voi, che avete seguito questa lezione, non sbagliate, altrimenti che insegnante sarei? Alla prossima!

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