Cari amici e amiche che mi seguite con tanto entusiasmo (spero), oggi parleremo di un altro caposaldo della grammatica italiana: i nomi o sostantivi. Come parte variabile di un discorso, i nomi o sostantivi indicano persone, animali o cose. In base al loro significato, sono classificati in:
- Nomi comuni, che indicano in modo generico una persona o una cosa (uomo, donna, cane).
- Nomi propri, che indicano una particolare persona o cosa in modo specifico (Antonio, Laura, Minnie).
Un aspetto che li differenzia è la lettera iniziale, che nei nomi comuni è minuscola e in quelli propri maiuscola. Poi c’è l’utilizzo dell’articolo, che si usa per i primi (Il cane, l’uomo, la donna) ma non per i secondi, anche se nelle regioni dell’Italia Settentrionale è un’abitudine abbastanza comune.
Ulteriore categorie di nomi sono:
- Concreti, che indicano esseri viventi e cose reali percepiti con i sensi. Insomma, tutto ciò che si può udire, vedere, toccare, gustare (gatto, profumo, tavolo).
- Astratti, dove rientra tutto ciò che i sensi non possono percepire e che viene creato dal pensiero o dall’immaginazione (ansia, amore, invidia).
- Individuali, che indicano una sola persona o animale o cosa (telefono, uccello, treno)
- Collettivi che, nonostante siano al singolare, indicano un gruppo di persone, cose o animali che appartengono alla stessa specie o cerchia (squadra, esercito, famiglia).
Plurali dei nomi maschili in –ca e –ga: qual è la regola?
Adesso ci concentriamo su plurali dei nomi maschili, in particolare quelli che finiscono con –ca e –ga. Quelli propri, come voi sapete, non hanno la versione plurale. Vi faccio un esempio: se abbiamo due amici che si chiamano Luca, al plurale non diremmo mai “I due Luchi” ma “I due Luca”, giusto? Invece, per quanto riguarda i nomi comuni è diverso. Al plurale, i sostantivi con –ca e –ga finale diventano –chi e –ghi poiché la “i” è la desinenza dei nomi maschili e la “h” riproduce il suono duro della radice della parola. Quindi, parole come “il duca” ed “il collega” al plurale di trasformano in “i duchi” ed “i colleghi”.
L’eccezione però esiste
Ebbene sì, un’eccezione c’è ed è importante parlarne. Un uomo che abita in Belgio di che nazionalità è? Belga, giusto? Quindi, più uomini originari di questo Paese del Nord Europa come vengono indicati al plurale? Belghi, giusto? No, sbagliato! Il termine corretto è “Belgi”. Come mai? L’Accademia della Crusca espone questo concetto abbastanza chiaramente: “Belga rappresenta l’unica eccezione a questa regola, e ha come plurale belgi, probabilmente per influenza del nome della nazione, Belgio, e del nome francese degli abitanti, Belges. Per quanto riguarda il femminile, il plurale è regolarmente belghe”.
Avete letto bene la parte finale della spiegazione? Fatta eccezione per gli uomini, le donne originarie del Belgio al plurale diventano “Belghe” e non “Belge”. Tutto chiaro? Alla prossima!